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r e c e n s i o n i
da Il Piccolo di Trieste, 02/12/2004
DANZA: In scena al Miela "Morel" con la compagnia Arearea, che unisce due linguaggi artistici.
BALLETTO E VIDEO SI DIVIDONO GLI SPETTATORI
TRIESTE. Ci si può innamorare di un'immagine registrata? è ciò che accade al protagonista dello straordinario racconto di Bioy Casares "L'invenzione di Morel", approdato su un'isola dove una macchina misteriosa proietta per l'eternità i gesti e le parole di una donna, Faustine, e dei suoi amici. La compagnia di danza Arearea, in collaborazione con S/Paesati, si è ispirata alla perturbata storia di uno scrittore argentino per ricreare martedì sera, al Teatro Miela, quell'isola cosparsa di fantasmi. "Morel" è una performance interattiva che unisce il linguaggio della contemporanea alle tecniche di videoproiezione. Lo spettacolo, ideato da Francesca Debelli e Antonio Giacomin, si avvale dei video dello stesso Giacomin, della musica dei Pop Toxique e delle coreografie di Francesca Debelli e Fabrizio Zamero.
"Lo scopo di questo lavoro - scrivono gli Arearea nel volantino - è stato quello di soffermarci sul rovescio della medaglia dei mezzi informatici, non per agire da deterrente nei loro confronti, ma come invito a non disprezzare i nostri limiti umani". In effetti lo spettatore di "Morel" rimane alla fine ancora più spaesato del protagonista del racconto. La macchina spettacolare messa in moto dalla compagnia è complessa e sfrutta entrambi gli spazi del Teatro Miela: la sala grande e la sala video. Nella prima sala danza Zamero, mentre sullo schermo viene proiettata la performance che nel frattempo sta danzando la sua partner in sala video. Un sistema di videocamere moltiplica sulle pareti della sala video, in un gioco di abissalità speculare, l'immagine di Francesca Debelli che va a interagire, in alcuni momenti, con la coreografia in sala grande di Zamero. I due comunicano attraverso un codice fatto di gesti ripetuti e di incessanti reiterazioni, ma la comunicazione è solo un'illusione, così come è un'illusione la possibilità di ubiquità che i nuovi media promettono. E il pubblico, costretto a dividersi nelle due sale, lo sa bene. Per fortuna sa anche che ci sono ancora corpi che danzano in carne e ossa. Ma dopo gli applausi sorge un dubbio: in fondo non siamo già sull'isola di Morel?
Stefano Crisafulli.
da il Primorski Dnevnik di Trieste del 02/12/2004
TRST
Razdvojenost med realnim in virtualnim svetom v besedi in plesnem izrazu
Razdvojenost med realnim in virtualnim svetom je bila tudi tema plesne in video-interaktivne performance v režiji ansambla Arearea. Moški (Fabrizio Zamero) in ženska (Francesca Debelli) komunicirata s koreografskimi gibi v dveh različnih prostorih, najprej posebej, potem z vzpostavljanjem stikov potom ekrana. Odtujen dialog s posredovanjem tehnološkega sredstva ni namišljen, ampak niti popolnoma možen, saj se uresniči le na video-posnetku. Igra različnih nivojev povezave med virtualnim in realnim prizoriščem se ni osredotočala samo na neuravnovešen odnos on-ona, a tudi na primerjavo med vzporednim virtualnim in realnim gibom v isti koreografiji. Publika se je med predstavo premikala iz velike v malo dvorano in skozi foyer gledališča, kjer je tretji ekran predvajal dogajanje, v iskanju različnih zornih kotov in nivojev razvoja in dojemanja situacije. Verjetno koreografija ni iskala odgovora na vprašanje, ki ga je postavljala, tudi v tem primeru pa bi lahko razbrali opozorilo na nemogoče spajanje ločenih svetov tehnoloških sredstev in resničnih stikov in custev.
ROP
traduzione in italiano
Divisione tra il mondo reale ed il mondo virtuale nella parola e nella danza
La divisione tra il reale ed il virtuale è stata il tema della performance
video-interattiva della compagnia Arearea. L'uomo (Fabrizio Zamero) e la
donna (Francesca Debelli) comunicano con dei movimenti coreografici in due
luoghi distinti, all'inizio singolarmente, di seguito stabilendo un contatto
attraverso lo schermo. Il dialogo alienante mediato dalla tecnologia non è
immaginato, e nemmeno interamente possibile, difatti si manifesta solamente
nel video (duetto finale ndt).
Il gioco tra diversi livelli di collegamento tra la scena virtuale e quella
reale non si basava solamente sul rapporto squilibrato lui-lei, ma anche
nella comparazione tra il movimento in parallelo tra virtuale e reale della
stessa coreografia. Il pubblico si spostava tra la sala grande e la sala
piccola e nel foyer del teatro, dove un terzo schermo mostrava ciò che
succedeva nella ricerca di molteplici punti di vista e livelli di sviluppo e
comprensione della situazione. Probablilmente la coreografia non cercava
risposta alla domanda che poneva ed in questo potremmo decifrare
l'avvertimento dell'impossibilità di unione tra il mondo tecnologico con il
contatto e i sentimenti reali.
ROP
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