(CANTO SESTO)

42
(...) Alcina a confortarmi si converse;
e quel dì tutto e la notte che venne,
sopra quel mostro in mezzo il mar mi tenne.

43
Fin che venimmo a questa isola bella,
(...)

46
(...) Ma, per tornare a quel ch'io ti dicea,
e seguir poi com'io divenni pianta,
Alcina in gran delizie mi tenea,
e del mio amore ardeva tutta quanta;
né minor fiamma nel mio core accese
il veder lei sì bella e sì cortese.

47
Io mi godea le delicate membra;
pareami aver qui tutto il ben raccolto
che fra i mortali in più parti si smembra,
a chi più ed a chi meno e a nessun molto;
né di Francia né d'altro mi rimembra:
stavami sempre a contemplar quel volto:
ogni pensiero, ogni mio bel disegno
in lei finia, né passava oltre il segno.

48
Io da lei altretanto era o più amato:
Alcina più non si curava d'altri;
ella ogn'altro suo amante avea lasciato,
ch'inanzi a me ben ce ne fur degli altri.
Me consiglier, me avea dì e notte a lato,
e me fe' quel che commandava agli altri:
a me credeva, a me si riportava;
né notte o dì con altri mai parlava.

49
Deh! perché vo le mie piaghe toccando,
senza speranza poi di medicina?
perché l'avuto ben vo rimembrando,
quando io patisco estrema disciplina?
Quando credea d'esser felice, e quando
credea ch'amar più mi dovesse Alcina,
il cor che m'avea dato si ritolse,
e ad altro nuovo amor tutta si volse.

50
Conobbi tardi il suo mobil ingegno,
usato amare e disamare a un punto.
Non era stato oltre a duo mesi in regno,
ch'un novo amante al loco mio fu assunto.
Da sé cacciommi la fata con sdegno,
e da la grazia sua m'ebbe disgiunto:
e seppi poi, che tratti a simil porto
avea mill'altri amanti, e tutti a torto.

51
E perché essi non vadano pel mondo
di lei narrando la vita lasciva,
chi qua chi là, per lo terren fecondo
li muta, altri in abete, altri in oliva,
altri in palma, altri in cedro, altri secondo
che vedi me su questa verde riva;
altri in liquido fonte, alcuni in fiera,
come più agrada a quella fata altiera.